Per un’impresa redigere un audit (sinonimo di diagnosi) energetico non è solo un obbligo di legge ma anche un’opportunità concreta di risparmiare, migliorare i processi, avere un miglioramento della propria immagine…
Cos’è e chi riguarda la diagnosi energetica
Innanzitutto, partiamo dalla definizione di diagnosi energetica o audit energetico. A fornirla è il Dlgs 141/2016 che ha modificato il decreto legislativo 102/2014, attuazione della direttiva europea sull’efficienza energetica (2012 /27/UE):
“procedura sistematica finalizzata a ottenere un’adeguata conoscenza del profilo di consumo energetico di un edificio o gruppo di edifici, di una attività impianto industriale o commerciale o di servizi pubblici o privati, a individuare e quantificare le opportunità di risparmio energetico sotto il profilo costi-benefici e a riferire in merito ai risultati”.
La procedura per eseguire diagnosi energetiche, chiarisce il Ministero dello Sviluppo Economico, prevede la messa a punto della “struttura energetica aziendale” che, attraverso un percorso strutturato a più livelli, consente di avere un quadro completo ed esaustivo della realtà dell’impresa.
A livello industriale la diagnosi energetica è obbligatoria per le grandi imprese e per quelle a elevato consumo di energia. Nel primo caso rientrano le realtà con più di 250 dipendenti e con un fatturato annuo superiore ai 50 milioni di euro o il cui totale di bilancio annuo supera i 43 milioni di euro.
Le aziende energivore sono quelle iscritte nell’elenco annuale CSEA – Cassa per i servizi energetici ambientali, e sono caratterizzate da:
- utilizzo annuo di energia elettrica o di altra energia, pari ad almeno 2,4 GWh
- un’incidenza del costo dell’energia elettrica utilizzata, rispetto al fatturato, non inferiore al 2%
- un codice ATECO prevalente, riferito ad attività manifatturiera
Quali imprese sono esenti
Sono escluse dall‘obbligo diagnosi energetica le imprese con sistema di gestione volontario EMAS, ISO 50001 o EN ISO 14001, comprendente una diagnosi energetica conforme ai requisiti dell’Allegato 2 del D. lgs. 102/2014.
Perché puntare sull’audit energetico
Perché non pensare alle opportunità che il monitoraggio dei consumi e delle prestazioni energetiche può offrire, per migliorare i livelli di efficienza energetica delle aziende? Perché non prendere in considerazione questo strumento anche in maniera volontaria per una certificazione energetica della propria azienda, anche Pmi?
Proprio le piccole e medie imprese italiane sono le più svantaggiate in Europa. Lo conferma l’Osservatorio Energia realizzato dal Centro Studi di CNA secondo cui il divario tra l’Italia e la media europea nel 2018 rimane molto ampio e supera il 17%. Ancora più pesante il peso per le micro e piccole imprese, raggiunge il 24,8% nella classe di consumo tra 500 e 2mila MWh e del 19,3% per la fascia fino a 20 MWh.
Per un’impresa redigere un audit (sinonimo di diagnosi) energetico non è solo un obbligo di legge ma anche un’opportunità concreta di risparmiare, migliorare i processi, avere un miglioramento della propria immagine rispetto alla concorrenza e ad avere accesso agli incentivi fiscali nazionali ed europei.
In sintesi l’obiettivo principale della diagnosi energetica aziendale è capire quali sono i migliori interventi che possono ridurre gli sprechi al fine di ottimizzare i costi/benefici degli interventi di riqualificazione.