Il cambiamento climatico è una delle sfide più grandi, su scala mondiale, che le società nel XXI secolo dovranno affrontare. In accordo con le ultime indicazioni inserite nei report periodici dell’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC), risulta necessario un impegno da parte delle aziende per ridurre l’impronta di carbonio e riportare la temperatura media globale ai livelli presenti durante l’epoca della pre-industrializzazione. Tale indicazione ha come fine ultimo quello di minimizzare il rischio di eventi avversi derivanti dal fenomeno del riscaldamento globale e dall’aumento delle temperature, ormai sempre più presente.

Le indicazioni dell’IPCC sanciscono che l’emissione dei gas ad effetto serra, i principali fautori del cambiamento climatico, da parte delle imprese debba essere ridotta di almeno l’80% entro il 2050. Per questo motivo, molte organizzazioni si sono poste l’obiettivo di ridurre le emissioni di gas serra nelle proprie produzioni e attività, al fine di minimizzare la loro impronta di carbonio e fornire un’impronta green ai propri prodotti e processi.

Durante il suo ciclo di vita, ogni prodotto e processo rilascia in atmosfera diverse quantità di gas serra, principalmente CO2. Dalla fase di estrazione delle materie prime a quella di trasformazione; dalla produzione alle fasi di imballaggio e trasporto, fino alla fase di utilizzo e allo smaltimento finale. Con la misurazione della carbon footprint complessiva (Scope 1-2-3), l’impresa è in grado di conoscere con esattezza quante emissioni di gas serra vengono generate dai prodotti e dai processi che realizza e offre sul mercato.

Il GWP (Global Warming Potential) è una misura relativa di quanto calore intrappola nell’atmosfera una determinata massa di gas ad effetto serra, in confronto al calore intrappolato dalla stessa massa di CO2. È sempre calcolato in uno specifico intervallo di tempo ed espresso come un fattore di CO2.

L’impronta di carbonio esprime il totale delle emissioni di gas ad effetto serra, generalmente in tonnellate di CO2 equivalente, associate direttamente o indirettamente a un prodotto, un servizio o un’organizzazione. Essa include vari gas serra come CO2, metano (CH4), protossido d’azoto (N2O), e viene calcolata attraverso l’analisi delle emissioni dirette e indirette dell’azienda. Numerosi fattori contribuiscono a determinare la quantità di anidride carbonica emessa, come il consumo energetico, l’uso di mezzi di trasporto, la produzione e lo smaltimento dei rifiuti.

Per le aziende, in un contesto che premia i fornitori di prodotti o servizi a basse emissioni, l’impronta di carbonio può essere uno strumento strategico per migliorare l’immagine e la reputazione, promuovere politiche di responsabilità sociale ed ambientale, e identificare le emissioni maggiori, intervenendo per ridurle. Questo processo può portare a un efficientamento energetico, riducendo i costi e beneficiando l’ambiente grazie alla diminuzione delle emissioni di gas serra.

L’impronta di carbonio è regolata da vari standard a livello internazionale, sia dal punto di vista operativo che comunicativo. Tra questi troviamo il GHG Protocol, la ISO 14067 per l’impronta di carbonio di prodotto e la ISO 14064-1 per la gestione e la verifica dell’inventario dei gas ad effetto serra di un’organizzazione.

In Italia, le emissioni GHG (Gas serra) sono diminuite rispetto al 1990 e il Paese rispetta gli obiettivi di mitigazione previsti al 2020. Tuttavia, per il raggiungimento degli obiettivi a medio e lungo termine, dovranno essere implementate ulteriori misure di riduzione delle emissioni.

Ridurre l’impronta di carbonio è una responsabilità e un’opportunità per le aziende. Investire in pratiche sostenibili non solo aiuta a combattere il cambiamento climatico, ma rafforza anche la competitività aziendale in un mercato sempre più orientato verso la sostenibilità.

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Dott. Stefano Scanavino